Corte di Cassazione Sezione 1 Penale, Sentenza del 30 giugno 2010, n. 24510
Non può essere estesa alla posta elettronica la punibilità prevista per le molestie via telefono dall’art. 660 del c.p.. Il ragionamento secondo cui tale norma non è tassativa, ma va letta in funzione dell’evolversi dei mezzi tecnologici disponibili, con la conseguenza che l’aumento della gamma delle opportunità intrusive deve essere messa in relazione all’espansione delle condotte in grado di integrare l’elemento strutturale della molestia – per cui la giurisprudenza di legittimità ha inserito il citofono tra i mezzi di molestia, basandosi sulla convinzione che nella dizione “telefono” rientrino tutti i mezzi di comunicazione a distanza – e che quindi anche la posta elettronica può essere considerata mezzo di molestia, tanto più che la mail viene inoltrata tramite telefono, non è in realtà applicabile alla posta elettronica. La posta elettronica, infatti, utilizza la rete telefonica e la rete cellulare delle bande di frequenza, ma non il telefono, né costituisce applicazione della telefonia, che consiste, invece, nella teletrasmissione in modalità sincronica di voce e di suoni. Non regge neppure il paragone con il citofono, essendo quest’ultimo assolutamente assimilabile al telefono dal punto di vista tecnico. Il paragone calzante, piuttosto, va fatto con la normale corrispondenza. Per vedere la posta elettronica è infatti necessaria una connessione e l’attivazione di una sessione di consultazione della propria casella elettronica, oltre alla volontà di procedere alla lettura del messaggio: operazioni simili a quelle che si fanno per la tradizionale corrispondenza. Il reato di molestia per mezzo di posta elettronica è da escludere inoltre vista la totale mancanza in questo caso, a differenza di quanto avviene con la telefonata, di un’interazione tra mittente e destinatario e dal momento che non esiste nessuna intrusione del primo nella sfera del secondo. Non basta, quindi, il turbamento del soggetto che riceve il messaggio, se mancano gli altri elementi, che scattano solo quando il reato viene commesso in pubblico (come previsto sempre dall’art. 600 c.p.) o per mezzo del telefono. In tal caso è, infatti, più difficile la difesa dall’intrusione, a meno di una disattivazione del servizio, con un evidente danno alla libertà di comunicazione sancita dalla costituzione. Per la stessa ragione rientrano nel concetto di molestie anche gli Sms.